Danni da morte, apprezzabile lasso di tempo, ventiquattr’ore, sussistenza

Tale danno può essere configurato anche se la vittima è priva di coscienza.

Non può esistere un danno tanatologico risarcibile (danno da morte immediata) e, in ogni caso, non potrebbe essere cumulabile con altri danni terminali (biologico e morale). (1) (2)

Ndr: la sentenza in questione si allinea all’orientamento prevalente sul punto, lasciando i numerosi interrogativi che adombrano, da anni, il danno tanatologico; negare un danno da perdita della vita immediata, lasciando solo il risarcimento del danno da perdita della vita dopo apprezzabile lasso di tempo, vuol dire ammettere un risarcimento maggiore per un danno minore, laddove si pensi al fatto che l’aggressione al bene vita contiene un disvalore maggiore dell’aggressione al bene salute.

Negare il giusto ristoro al danno da morte immediata (o danno tanatologico) si traduce nella tutela della sola salute nella misura in cui non coincida con la morte, perché in quest’ultimo caso il risarcimento sarebbe di gran lunga inferiore, arrivando alla conclusione incostituzionale per cui è per l’agente, sul piano civile, è più conveniente uccidere che ferire, perché nel secondo caso rischierebbe di dover risarcire i molteplici danni iure successionis.

La sentenza in questione, dunque, non apporta un contributo innovativo o risolutivo alla quaestio iuris del danno tanatologico, ma si connota per aver preso posizione sul problema della coscienza nell’ambito dell’apprezzabile lasso di tempo tra lesione e morte; in particolare, come noto, era dubbio se il criterio dell’apprezzabile lasso di tempo tra lesione e morte, ai fini dell’ammissibilità dei risarcimenti per danni iure successionis, potesse trovare applicazione anche nei casi in cui la vittima avesse perso la coscienza, perché, si diceva, se il de cuius non era in grado di percepire il danno biologico iure proprio al momento del fatto (perché incosciente, appunto), allora, difficilmente potrà trasferire la pretesa risarcitoria iure successionis.

La Cassazione, invece, con la pronuncia in questione è di diverso avviso: anche se il de cuius non ha coscienza matura, comunque, un diritto al risarcimento di danni iure proprio, trasferibili, poi, mortis causa.

(1) Nello stesso senso, Cassazione civile 18163/2007 e Cassazione civile 6946/2007 con nota di Viola, nonché Cassazione civile 887/2002.
(2) In dottrina si veda, Viola-Testini-Marseglia, Il danno tanatologico, nonché Viola, Il danno tanatologico e gli istituti similari.