Licenziamento per giusta causa

In tema di licenziamento per giusta causa, il datore di lavoro non può prescindere dalla previa contestazione dell’addebito e dall’audizione del lavoratore, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970, se quest’ultimo lo richiede e non abbia fini dilatori, ma la funzione di protrarre la difesa scritta attraverso chiarimenti e precisazioni.

Questa la conclusione a cui sostanzialmente è giunta la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza 9 ottobre 2007, n. 21066.

La vicenda ha riguardato una società datrice di lavoro che, a seguito di un licenziamento di un dipendente per giusta causa, si era vista condannare dal giudice di primo grado alla reintegrazione del lavoratore licenziato, nonché al pagamento delle retribuzioni dal licenziamento alla reintegrazione dello stesso, e ciò in quanto avrebbe disatteso delle procedure formali, con particolar riguardo alla mancata audizione del dipendente che, ricevuto l’addebito, aveva fornito generiche controdeduzioni chiedendo di essere ascoltato per alcune precisazioni.

Sentenza confermata, con alcune limitazioni retributive, anche dalla Corte D’Appello, avverso la quale la società interessata ha proposto ricorso per Cassazione.

La Corte ha respinto il ricorso ritenendo che nella fattispecie la richiesta del lavoratore di essere ascoltato non era affatto dilatoria ma, in base al contenuto, alla complessità della vicenda, alla generica giustificazione influenzata dalla scarna contestazione adottata, le brevi giustificazioni scritte dall’interessato non potevano ritenersi esaurienti senza necessità di ulteriori precisazioni.

Al riguardo, nella sentenza in esame, la Corte ha richiamato alcuni indirizzi giurisprudenziali, fornendo importanti principi in tema di procedimento disciplinare, ancorché finalizzati al licenziamento, che giova la pena ricordare:

  1. il datore di lavoro, in base all’art. 7, secondo comma della legge 20 maggio 1970 n. 300, ha l'onere di "sentire" il lavoratore a sua difesa, inteso nel senso di ammettere un pur breve contraddittorio che permetta al lavoratore di fornire le proprie giustificazioni;

  2. il diritto alla difesa del lavoratore si può esercitare attraverso la produzione di uno scritto, con cui si forniscono le controdeduzioni, ma può anche non consumarsi in questa fase, in quanto il lavoratore può chiedere di essere sentito personalmente;

  3. la richiesta del lavoratore come protrazione della difesa attraverso una personale audizione vincola il datore: il lavoratore ha il diritto di essere "sentito" (Cass. 6 luglio 1999 n. 7006);

  4. la richiesta di essere sentito del lavoratore deve rispondere a due condizioni:

- deve essere tempestiva, nei cinque giorni dalla contestazione; tuttavia si ammette la formulazione della richiesta anche dopo la scadenza del termine di 5 giorni dalla contestazione, ove la stessa risponda ad esigenze di difesa non altrimenti tutelabili, in quanto non è stata possibile la piena realizzazione della garanzia apprestata dalla legge (Cass. 13 gennaio 2005 n. 488);

- non deve avere uno scopo dilatorio bensì una sua necessità di protrarre la difesa scritta attraverso chiarimenti e precisazioni;

  1. il provvedimento disciplinare può essere legittimamente irrogato anche prima della scadenza del termine suddetto, se il lavoratore ha esercitato pienamente il proprio diritto di difesa, facendo pervenire al datore di lavoro le proprie giustificazioni, senza manifestare alcuna esplicita riserva di ulteriori produzioni documentali o motivazioni difensive (Cass. 7 maggio 2003 n. 6900).

  2. la valutazione circa l’effettiva possibilità per il lavoratore di esercitare adeguatamente il suo diritto come normativamente previsto, ed in particolare di accertare la sussistenza, dopo la presentazione di giustificazione scritta, della necessità di un'audizione, spetta al giudice (Cass. 23 febbraio 2002 n. 4187; Cass. 16 settembre 2000 n. 12268; Cass. 28 agosto 2000 n. 11279).